Commenti teologici sulla “Quam Singulari”

Contemporaneamente al Decreto «Quam Singulari», per incarico di Papa Pio X, fu redatto dal Cardinale Casimiro Gennari, membro della Sacra Congregazione dei Sacramenti, il Commentario al Decreto stesso («Sull’età della prima Comunione dei fanciulli», «Sull’età della prima comunione dei bambini» Breve Commentario del Decreto «Quam singularis Christus amore», del Cardinale Casimiro Gennari, Membro della S. Congregazione dei Sacramenti, Roma, presso la Direzione del Monitor Ecclesiastico, 1910). Il Cardinale Gennari, come nessun altro, seppe testimoniare per primo l’importanza e l’ampiezza del Decreto. Riportiamo alcuni estratti di questo Commentario:

La Santa Sede (…) intese eliminare le ultime reliquie del Giansenismo che, sotto il pretesto di eccessive disposizioni, allontanava i cristiani dalla Santa Comunione. (…) Anche ai bambini, dunque, deve essere raccomandata la Comunione frequente e quotidiana, e si condanna l’uso contrario ovunque si fosse stabilito. Si osservi che tale raccomandazione si riferisce solo ai bambini, e non a coloro che li custodiscono, i parroci, ossia i confessori, gli educatori e gli altri a cui fossero affidati: a loro il decreto non raccomanda ma impone l’obbligo («deveri») di facilitare loro il cammino verso la Comunione frequente e quotidiana dopo averli condotti per la prima volta a tale Sacramento.

Ma ciò non bastava per provvedere al bene e alla salute spirituale dei bambini, i quali in moltissimi luoghi, anzi, quasi ovunque, erano ammessi alla prima Comunione molto tardi e generalmente dopo che la loro innocenza era naufragata e il loro cuore si era corrotto. Questo abuso era uno dei più nefasti per la tenera età: privava i bambini della grazia eucaristica che li avrebbe fortificati nello spirito, preservandoli efficacemente dai peccati mortali e liberandoli dai difetti quotidiani.

La Santa Sede (…) giudicò necessario emettere un decreto generale speciale che fornisse norme precise e opportune, al fine di provvedere al bene e alla salute dei bambini, soprattutto oggi che tanti pericoli li minacciano in tante scuole atee per allontanarli da ogni senso di religione e moralità. (…) Oh, se tutti, a cui compete, lo seguissero fedelmente! Questo sarebbe il mezzo più facile ed efficace per difendere la gioventù dalla corruzione che si aggira orribilmente ovunque e minaccia di far regredire i nostri popoli cattolici verso un mostruoso paganesimo!

Ragioni del Decreto

In primo luogo, è necessario considerare come Gesù, nella sua vita terrena, abbia amato i bambini. Il Vangelo lo descrive affascinato dalla loro innocenza e desideroso di essere circondato da loro. (…) Era l’ingenuità, la pura innocenza, il nitido candore di quei bambini a rapire il cuore amorevole di Gesù, e a indurlo a proporli come modello di buona condotta per meritare posti più alti nel Regno dei Cieli (…). E se Gesù desiderava intensamente tutto ciò quando era vivo, non dovremmo credere che desideri lo stesso ora che dimora in mezzo a noi nel Santissimo Sacramento?

La Comunione dei bambini nella Chiesa primitiva

La Chiesa primitiva, erede degli insegnamenti e dello spirito di Gesù Cristo, sapeva interpretare molto bene i desideri del Salvatore di comunicarsi in modo speciale con i bambini. Per questo, fin dai primi secoli, si usava amministrare l’Eucaristia ai neonati subito dopo il battesimo. Lo dimostrano i libri liturgici dei primi dodici secoli fino a gran parte del tredicesimo secolo (Card. Bona, Rer. Liturg. L II, c.12). Lo dimostrano anche gli usi ancora attuali tra i Greci e gli Orientali (Benedetto XIV, Cost. Etsi pastoralis, 23 maggio 1742, n. VII). Lo dimostra la pratica di molte diocesi, anche nei secoli successivi, di portare il bambino all’altare maggiore immediatamente dopo il battesimo (Mauleon, Voyages Liturgiques, p.27).

E poiché non era facile dare il Pane Eucaristico ai bambini piccoli, specialmente quelli in fasce, per timore che non ingoiassero l’Eucaristia, fin dai primi secoli si usava amministrare loro questo sacramento sotto la specie del vino consacrato. Il sacerdote intingeva il dito nel calice con il sangue e lo metteva in bocca al bambino perché lo succhiasse (Chardon, Storia dei Sacramenti, L.I., Del Battesimo, cap. 23). Che bella e tenera era questa consuetudine!

E non solo nel battesimo si amministrava la Comunione ai bambini, ma anche molte altre volte. Quando il battesimo veniva celebrato in occasione della Pasqua di Resurrezione o della Pentecoste, i neofiti durante tutta l’ottava successiva dovevano avvicinarsi all’altare, come si può vedere in un sermone di Sant’Agostino (Serm. 227). In alcune chiese si usava dare la Comunione ai bambini subito dopo il clero, ma questi si collocavano vicino alla sacrestia (Chardon, Storia dei Sacramenti, L.III, Dell’Eucaristia, cap. 6). (…)

La Chiesa, dunque, non ebbe difficoltà a far partecipare i bambini e i neonati alla Santa Comunione per tanti secoli, interpretando così il pensiero e il desiderio di Gesù; e le Chiese Orientali continuano ancora con questa antica consuetudine. Ecco un’altra forte ragione per cui si dovrebbe abbandonare l’abuso di posticipare più del necessario l’amministrazione della Santissima Eucaristia ai bambini.

La Comunione dei bambini secondo il Concilio Lateranense IV

Nel XIII secolo, nella Chiesa latina, si concluse in generale l’uso di dare la Comunione ai bambini piccoli. Si ritenne più conveniente far comunicare i bambini al primo apparire della ragione, affinché questo augusto sacramento producesse effetti più abbondanti nelle loro anime (…).

Danni della mancata osservanza di questa disciplina

Questa legge, che nei primi tempi fu osservata ovunque, si indebolì successivamente riguardo alla Comunione dei bambini. (…) Questa consuetudine fu causa di mali gravissimi. Infatti, il bambino che apre per la prima volta la mente alla ragione, se ha la fortuna di unirsi a Gesù nel sacramento, inizia a vivere la sua vita, e continuando a frequentare la Comunione trova in essa l’antidoto potentissimo per liberarsi dai difetti quotidiani e preservarsi, come insegna il Concilio di Trento, dai peccati mortali. Con il passare degli anni, non gli mancherà questa grazia sacramentale, e potrà così conservare quell’innocenza che è la virtù più preziosa di un’anima cristiana; al contrario, potrà progredire ammirevolmente nel cammino della virtù.

Ma se tarda ad avvicinarsi all’altare; se lascia che i germi dei vizi inizino a dare frutti maligni; se, perduta l’innocenza, si macchia di colpe gravi, ecco che si trova avviato verso il baratro e la rovina! Si confesserà, certo; ma come ripristinare l’innocenza perduta? Come estirpare le cattive abitudini? Come curare la perversione della mente e del cuore, alla quale la Santa Comunione dava un rimedio efficace?

(…) Autori importanti attestano che il numero dei sacrilegi (specialmente quando i confessori non aiutano i piccoli penitenti con prudenza e carità, in occasione delle prime Comunioni) è spaventoso! Quale sarà il risultato di questi poveri bambini che iniziano così male la loro vita eucaristica? È ciò che vediamo e lamentiamo ovunque: una corruzione generale, che con un termine nuovo viene chiamata delinquenza minorile.

Eppure, Gesù Cristo ama i bambini e desidera stare con loro! Gli piace la loro innocenza, il loro ingenuo candore! Perché allontanarli da Lui nell’età in cui potrebbe riversare nei loro cuori più copiosamente le sue grazie e rafforzarli contro l’arrivo delle tentazioni?

Questi sono i gravi mali che produce la posticipazione a un’età più adulta della Prima Comunione. È un’ingiuria a Gesù Cristo; si fa spesso un illecito con l’innocenza del bambino; non di rado lo si espone a enormi sacrilegi; lo si mette in pericolo di perdizione e rovina!

Enormi abusi che derivano dalla insana posticipazione della Prima Comunione! Perciò, giustamente la Santa Sede condannò tali abusi, rimettendo in vigore la disciplina dei Concili Lateranense e Tridentino, che prescrivono sia la Confessione che la Comunione in quell’età precoce in cui il bambino inizia a ragionare.

Obiezioni e risposte

Le ragioni che si adducono normalmente per giustificare l’uso di posticipare a un’età più adulta la Prima Comunione non hanno alcun fondamento.

Si dice che quando il bambino comunica in età più matura, riceve con maggiore venerazione e frutto la Santissima Eucaristia. Ma si osservi che questo divinissimo Sacramento fu istituito non come premio di virtù, ma come medicina delle nostre anime, secondo l’insegnamento del Tridentino (Sess. 13, c.2), che lo affermò: «Antidotum quo liberemur a culpis quotidianis et a peccatis mortalibus praeservemur».

(…) Allora, per avvicinarsi alla Comunione, non si intende principalmente attendere alla venerazione dovuta a questo grande Sacramento; poiché, chi potrebbe degnamente riceverlo? Piuttosto, si deve attendere al bisogno che abbiamo di esso per fortificare la nostra debolezza e difenderci dalle tentazioni. Ora, chi ha più bisogno di tale alimento di vita se non i bambini che, aprendo la mente all’uso della ragione, sono i più deboli e inesperti per lottare contro i nemici?

Ammettere che la venerazione al divino Sacramento non possa darsi pienamente nei bambini piccoli, è ben sostituita dalla loro innocenza; anzi, l’innocenza supplisce abbondantemente a una maggiore istruzione: «Ignorantiam in pueris compensat innocentia», come afferma il Paludano (ap. Gury-Ballerini, TU, n.320, c.S, nota a). (…)

Si dice anche che il bambino, prima di comunicare, deve essere ben istruito nelle cose della religione. Che ci sia l’obbligo per tutti i cristiani di apprendere bene il catechismo, questo è fuori discussione; ma che ci sia l’obbligo di apprenderlo interamente prima di ricevere la Santa Comunione, questo è falso. L’istruzione necessaria per ricevere i primi sacramenti consiste nel conoscere i misteri principali della fede e le cose che riguardano i sacramenti da ricevere. In particolare, per l’Eucaristia basta saper distinguere il Pane eucaristico dal pane ordinario e materiale (…).

Alcuni insistono dicendo che se il bambino non si istruisce bene nelle cose della religione prima di ricevere la Prima Comunione, non sarà possibile che più tardi porti a termine la sua istruzione, essendosi stabilito l’uso che, una volta fatta la Prima Comunione, i bambini non si avvicinino più al catechismo. Ma tale uso è un grave abuso che deve essere eliminato. Ha origine proprio nella posticipazione della Prima Comunione a un’età più adulta. A questa età, una volta celebrata solennemente quella Prima Comunione, il bambino viene abbandonato a se stesso senza più curarsi di lui: ciò fa sì che la Prima Comunione risulti quasi inutile. Quando il ragazzo si rovina e si corrompe, allontanandosi dalla sacra Comunione e da ogni altra istruzione religiosa, le cose che una volta ha appreso svaniscono molto presto dalla sua mente e dal suo cuore. Ma se fin dalla tenera età si avvicinasse all’altare; se continuasse a comunicare e a istruirsi; se frequentasse anche le Comunioni generali per i bambini con le precedenti preparazioni negli anni successivi, fino a portare a termine perfettamente l’istruzione religiosa, non si lamenterebbe di tale abuso. Si abituerebbe a questi santi esercizi, e non li abbandonerebbe con il passare degli anni, e il suo buon successo sarebbe assicurato. E questo è il pensiero della Sacra Congregazione nel Decreto che esaminiamo, come vedremo nella parte delle disposizioni. (…) Negare che le disposizioni consistano solo nella preparazione prossima e non, principalmente, nell’innocenza della vita, è un errore. Tutti sanno che quanto minori sono gli ostacoli che si oppongono al ricevere la Santissima Eucaristia, tanto maggiore è il frutto che essa produce. Ora, chi comunica per la prima volta all’inizio dell’uso della ragione, porta con sé, normalmente, quella pura innocenza che è la disposizione più bella, più appropriata, più cara a Gesù Cristo; a differenza di chi, già vissuto nel mondo, ha contratto cattive abitudini e commesso colpe forse anche mortali (V Mon. Eccl. Vol. XXI, p.124). (…)

Non esiste, dunque, alcuna ragione che possa giustificare la consuetudine di ammettere tardi i bambini all’altare, consuetudine che è diventata fonte di enormi abusi.

La Santa Sede e la Comunione dei bambini

La consuetudine estremamente irrazionale di ammettere i bambini alla Prima Comunione in età adulta e farli accedere all’altare, è sempre stata condannata dalla Santa Sede. Vale, per dimostrarlo, in primo luogo la lettera che S.M. Pio IX fece scrivere dal Cardinale Antonelli il 12 marzo 1866 ai Vescovi di Francia, per essersi introdotti diversi abusi in alcune diocesi riguardo alla Prima Comunione dei bambini. (…) Da questo documento si deduce chiaramente che la Santa Sede ha sempre deplorato l’abuso di allontanare i bambini dall’altare e di farli alimentare tardi e raramente del pane celeste. Essa vuole che nella loro età più tenera frequentino i sacramenti, per ricevere da essi l’alimento necessario alla vita spirituale, e da esso trarre forza e vigore. (…)

La Santa Sede, dunque, considerò e considera che la Prima Comunione debba essere data ai bambini quando aprono la mente all’uso della ragione, che è l’età della discrezione, prescritta dai Concili Lateranense e Tridentino.

DISPOSIZIONE DEL DECRETO

I. – Età della discrezione

(…) Si osservi la frase: «comincia a ragionare»; poiché non si richiede che il bambino ragioni perfettamente; ma, come insegna l’Angelico, che il bambino cominci ad avere un po’ di uso della ragione: «Quando iam pueri incipiunt aliqualem usum rationis habere». Quando, dunque, la mente si apre alla prima alba della ragione; e quindi, quando il bambino sa distinguere le cose, sa riconoscere i genitori, sa esprimere i suoi desideri, sa ricordare ciò che ha fatto, ecc., si può davvero dire che ha raggiunto l’età della discrezione.

In quali anni può esserci tale discrezione? Nei secoli passati la ragione si sviluppava molto tardi: normalmente oltre i sette anni. Al tempo di San Tommaso, un bambino di 10 o 11 anni poteva appena cominciare a ragionare (…). Ai nostri tempi, questo sarebbe un paradosso; perché, oh, quanti bambini ora prima dei sette anni possono fare queste cose! Oggi l’uso della ragione nei bambini è molto precoce: tutti lo dicono. Bambini di appena tre o quattro anni, al massimo cinque, sanno benissimo ragionare e possono distinguere molto bene il pane comune dal pane eucaristico. Si dice che normalmente la ragione si manifesta intorno ai sette anni. In alcuni bambini può essere così, ma in moltissimi prima, e solo in qualche rara eccezione dopo i sette anni. Questa è, dunque, l’età della discrezione, adatta per ricevere la Santa Eucaristia.

Ma esiste l’obbligo di riceverla a questa età? Il Decreto lo afferma chiaramente. E in effetti, questo obbligo è al tempo stesso divino ed ecclesiastico. «Divino», avendo Gesù Cristo stabilito l’obbligo di ricevere questo Pane eucaristico (Gv VI,54-56). (…) Ma è anche di diritto «ecclesiastico». Urge il precetto del Concilio Lateranense IV, come abbiamo visto precedentemente. Urge anche il decreto del Concilio Tridentino che conferma tale precetto e lancia l’anatema contro chi osa negarlo.

Esiste, dunque, un precetto, e grave, di far comunicare i bambini non appena raggiungono l’uso della ragione.

II. – Istruzione non necessaria

La ragione principale di coloro che vogliono posticipare la Prima Comunione dei bambini è che essi devono prima imparare tutto il catechismo e poi presentarsi all’altare. Ma ecco che il nostro Decreto viene a disilluderli. Dichiarare che per la Prima Confessione e la Prima Comunione non è necessario aver appreso interamente la dottrina cristiana, essendo sufficiente che si conoscano le cose strettamente necessarie.

E questo è giusto. Perché urge il precetto divino ed ecclesiastico di portare i bambini all’altare quando cominciano a ragionare, e ciò sarebbe impossibile se il bambino dovesse imparare a fondo punto per punto tutta la dottrina cristiana, per la cui acquisizione sono necessari diversi anni. Pertanto, affinché il precetto possa essere osservato, è necessario che l’istruzione sia limitata in modo da poter essere acquisita da un bambino in tenera età.

III. – Istruzione necessaria

In questo consiste, dunque, l’istruzione necessaria per la Prima Comunione. Cioè, che il bambino sappia, come meglio può, i principali misteri della fede, e possa distinguere il Pane eucaristico dal pane comune. I principali misteri della fede, come tutti sanno, sono i misteri dell’unità e trinità di Dio, dell’incarnazione, passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo; a questi conviene aggiungere anche che Dio, come giusto giudice, premia eternamente i buoni con il paradiso e castiga i malvagi con l’inferno eterno.

Ora, questi misteri il bambino deve conoscerli come meglio può. Cioè, non perfettamente, alla maniera dei teologi, ma cogliendone la sostanza. Basta, quindi, che comprenda di essere stato creato da Dio; che questo Dio, creatore e signore di tutto, è unico; ma che in Lui ci sono tre Persone uguali che sono: Padre, Figlio e Spirito Santo; che la seconda di queste Persone, cioè il Figlio, si è fatto uomo come noi per salvarci, e che per questo ha sofferto ed è morto con immenso dolore sulla Croce; che chi opera bene, osservando la legge di Dio, con la grazia e i meriti di Gesù Cristo, dopo la morte è premiato da Dio con il paradiso, dove vedrà la sua infinita bellezza, godendo di ogni bene; al contrario, chi compie opere malvagie, trasgredendo tale legge e muore in peccato grave, è punito da Dio con l’inferno, dove, privato della sua vista, soffrirà il fuoco eterno e ogni sorta di mali. Questo è tutto, per quanto riguarda i principali misteri. (…)

IV. – Obbligo e diritto per la Prima Comunione

Si è visto in precedenza che esiste l’obbligo, ed è un obbligo grave, per il bambino, di confessarsi e comunicare non appena comincia ad aprire la mente all’uso della ragione. Ma tale obbligo non potrà essere adempiuto dal bambino stesso senza che egli lo conosca e sia condotto a compierlo. Pertanto, il Decreto dichiara che questo obbligo è compito di coloro che si prendono cura del bambino. E chi sono queste persone? Sono, in primo luogo, i genitori (…); in secondo luogo, questo obbligo spetta agli educatori (…); in terzo luogo, hanno tale obbligo i confessori (…); e infine, in quarto luogo, tale obbligo spetta ai parroci e ad altri sacerdoti, i quali devono vigilare affinché tutti i fedeli adempiano al precetto della Confessione e della Comunione dall’età prescritta. (…)

Avendo già esposto il dovere di ricevere tali sacramenti, parliamo ora del diritto di ammettere i bambini alla Prima Comunione. Questo diritto, secondo quanto insegna il Catechismo Romano, spetta al padre e al confessore. Al padre e a chi lo sostituisce, cioè gli educatori, come si è detto prima, e quindi ai superiori dei collegi, istituti educativi, scuole, asili e sale di ricreazione vigilata. È compito anche del confessore, il quale, dopo aver confessato il bambino, ha il diritto di farlo comunicare. E al parroco non rimane alcun diritto? Al diritto del parroco corrisponde il seguente articolo.

V. – Comunioni generali dei bambini

Come si può dedurre da questo articolo e dal precedente, la Prima Comunione può essere ricevuta in forma privata e in forma generale. In forma privata quando il bambino è portato all’altare dai genitori (o da chi li rappresenta) o dal confessore, secondo il Catechismo Romano. In forma generale quando i bambini sono ammessi a una delle Comunioni generali che il parroco celebra nella chiesa parrocchiale. Se, quindi, alla Prima Comunione privata hanno diritto i genitori o il confessore, alla Prima Comunione generale ha diritto il parroco. (…)

VI. – Frequenza alla Comunione e Catechismo

Questo è un articolo di grande importanza. (…) Fatta la Prima Comunione quando il bambino comincia a ragionare, deve continuare a nutrirsi con il Pane della vita eterna. Oh, se ogni giorno, in seguito, fosse condotto all’altare e prendesse la sacra Ostia! Quanta forza, quanta luce, quanta grazia efficacissima arricchirebbero la sua anima! Quanto sano e fermo rimarrebbe nel progredire della ragione e nel cominciare a conoscere il mondo, nel suo spirito, e quanto ammirevolmente progredirebbe nel cammino della virtù! (…)

Fin qui abbiamo parlato di come deve continuare la frequenza alla Comunione. Ma l’articolo del Decreto parla anche della continuazione dell’istruzione religiosa. Dopo la Prima Comunione, che può essere fatta con un’istruzione appena rudimentale, esiste l’obbligo gravissimo per coloro che se ne occupano, di procurare al bambino un’istruzione religiosa piena e perfetta, gradualmente, secondo lo sviluppo della sua età. (…)

VII. – Confessione e assoluzione dei bambini

L’abuso di non confessare o non assolvere i bambini prima che si avvicinino all’altare derivava dal fatto di differire a un’età avanzata la Prima Comunione. Questo era un abuso intollerabile! Tutti i fedeli che hanno ricevuto il Battesimo hanno diritto agli altri sacramenti. Perché i bambini in tenera età dovevano essere esclusi? (…)

IX. – Obbligo dei Sacerdoti Ordinari, riguardo a questo Decreto

(…) Il Sommo Pontefice, dunque, dopo aver considerato a fondo tutto quanto esposto, si è degnato di approvarlo pienamente; e inoltre ha dettato le seguenti prescrizioni:

a) Che fosse emanato e pubblicato il presente Decreto. Pertanto, quanto contenuto in questo Decreto non è materia di consiglio, ma di precetto; e precetto non leggero, ma grave, poiché grave è la materia di cui tratta. Il Decreto è già stato inserito nel bollettino ufficiale degli atti della Santa Sede, quindi ha già iniziato ad avere piena efficacia. Da questo momento esiste l’obbligo per tutti coloro che si prendono cura dei bambini, giunti all’uso della ragione, di far loro adempiere al doppio precetto della Confessione e della Comunione, e di condurli alla Comunione frequente e, se possibile, quotidiana, insieme alla graduale istruzione del catechismo. (…)

b) Inoltre, il Santo Padre ordina a tutti gli Ordinari di notificare il Decreto al Clero e al popolo. Si osservi che dice agli Ordinari, e non agli Ordinari locali, per indicare che tale obbligo incombe non solo ai Vescovi, in relazione al Clero e al popolo della loro diocesi; ma anche ai Superiori delle Congregazioni religiose, i quali sono Ordinari (quando sono esenti) del loro Clero regolare e dei loro sudditi. (…) Inoltre, si tenga presente che il Decreto non impone nuovi obblighi; ma ordina l’esecuzione di obblighi certi e antichi, fino ad oggi trascurati. L’esecuzione degli stessi, dunque, non richiederebbe nemmeno una formale e solenne promulgazione. (…)

d) Infine, il Santo Padre desidera che tutti gli Ordinari, nelle relazioni quinquennali che dovranno inviare alla Santa Sede sullo stato delle rispettive diocesi, rendano conto dell’adempimento di questo Decreto. Naturalmente, dipende in gran parte dagli Ordinari l’adempimento delle sante e salutari prescrizioni del Decreto. A loro spetta vigilare sui parroci, sui maestri di scuola e soprattutto sugli istituti educativi come i collegi, gli asili, i luoghi di ricreazione, i patronati, gli orfanotrofi, ecc. A loro spetta anche farsi consegnare resoconti delle Comunioni che vi si frequentano. Devono inoltre designare sacerdoti diligenti e anche laici devoti per aiutare i parroci in questo compito importantissimo e diffondere la pratica della Prima Comunione dei bambini e la loro continua frequenza all’altare. Infine, hanno anche il compito di ispezionare, nella Santa Visita Pastorale, detti luoghi di insegnamento e educazione, incoraggiare con discorsi opportuni i bambini a fare la Santa Comunione e, possibilmente, amministrarla personalmente in qualche occasione per farne comprendere meglio la grandezza. Queste sono le cose di cui ogni buon Ordinario renderà conto al Santo Padre, per offrirgli consolazione in mezzo alle grandi amarezze che gli provocano questi tempi nefasti.

Facciamo ferventi voti a Dio perché benedica le sante opere dei Vescovi, dei parroci e di tutti coloro che si prendono cura dei bambini, affinché si uniscano presto a Gesù Cristo e rimangano uniti a Lui nella Santa Eucaristia. Questo è il mezzo principale per salvare la gioventù e rigenerare cristianamente la società umana!

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