Commento di Mons. Domenico Jorio >>
Contemporaneamente al Decreto «Quam Singulari» su incarico del Papa Pio X venne redatto del Cardinal Casimiro Gennari, membro della Sacra Congregazione dei Sacramenti, il Commento al Decreto stesso («Sulla età della prima Comunione dei fanciulli», Breve Commento del Decreto «Quam singulari Christus amore» del Card. Casimiro Gennari, membro della S. Congregazione dei Sacramenti, Roma, Presso la Direzione del Monitore Ecclesiastico, 1910). Il Cardinal Gennari, come nessun altro, seppe testimoniare per primo l’importanza e l’ampiezza del Decreto. Riportiamo alcuni estratti di questo «Commento»:
La Santa Sede, (…) ha inteso dissipare le ultime reliquie del giansenismo che, sotto il pretesto di eccessive disposizioni, allontanava i cristiani dalla sacra mensa. (…) Anche ai fanciulli, adunque, deve raccomandarsi la Comunione frequente e quotidiana, ed è condannato l’uso contrario dovunque fosse invalso. Si noti che la raccomandazione riguarda solo i fanciulli, non già chi ha cura di essi, i parroci, cioè i confessori, gli educatori e gli altri cui fossero affidati: a questi il decreto non raccomanda, ma fa obbligo (deberi), e l’obbligo è che essi debbono raccomandare ai fanciulli e spianar loro la via alla Comunione frequente e quotidiana dopo di averli condotti la prima volta alla sacra mensa.
Se non che ciò non bastava per provvedere al bene ed alla salute spirituale dei fanciulli, i quali in moltissimi luoghi, anzi quasi da per tutto, assai tardi erano ammessi alla prima Comunione, e, per lo più, dopo aver fatto naufragio della innocenza e dopo essersi corrotti nel cuore. Questo abuso era uno dei più esiziali alla tenera età: esso li privava della grazia eucaristica che li fortificasse nello spirito, preservandoli efficacemente dalle colpe mortali, e liberandoli dai difetti quotidiani.
La S. Sede (…) giudicò necessario emanare un apposito decreto generale che desse norme precise ed opportune, affine di provvedere al bene ed alla salute dei fanciulli, oggidì soprattutto in cui tanti lacci sono loro tesi in tante scuole atee per allontanarli da ogni senso di religione e di moralità.(…) Oh! se tutti, a cui compete, l’eseguissero fedelmente! Sarebbe questo il mezzo più facile ed efficace a preservare la gioventù dalla corruzione che dilaga orribilmente da per tutto, e minaccia di ritornare le nostre cattoliche contrade ad un mostruoso paganesimo!
Ragioni del Decreto
In primo luogo fa d’uopo considerare in qual modo Gesù amasse nella sua vita terrena i fanciulli. L’Evangelo lo addita come invaghito della loro innocenza, e desideroso di stare in mezzo ad essi. (…) Era la ingenuità dell’animo, la pura innocenza, il nitido candore di quei bimbi che rapiva il cuore amantissimo di Gesù, e che lo inducevano a proporli a modello di ben vivere, per avere posti maggiori nel regno dei cieli. (…) E se Gesù bramava tutto ciò quando era in vita, non dobbiamo credere che brami altrettanto or che dimora in mezzo a noi nel SS. Sacramento?
La Comunione dei fanciulli nella Chiesa primitiva.
La Chiesa primitiva, erede immediata degl’insegnamenti e dello spirito di Gesù Cristo, ben seppe interpretare la brama del Salvatore di comunicarsi in modo speciale agl’infanti. E però fin dai primi secoli soleva amministrare l’Eucaristia ai neonati subito dopo il battesimo. Lo dimostrano i libri liturgici dei primi dodici secoli fino a gran parte del secolo decimoterzo (Card. Bona Rer. Liturg. L. II, c.12).
Lo dimostra l’uso anche tuttora vigente presso i Greci e gli Orientali (Benedetto XIV Const. Etsi pastoralis 23 mai. 1742 n.VII). Lo dimostra la pratica di molte diocesi, pur nei secoli posteriori, di portare il fanciullo all’altare maggiore immediatamente dopo il battesimo (Mauleon Voyages Liturgiques, p. 27).
E poiché non era facile comunicare i piccoli bambini, specialmente di latte, per timore che non rigettassero l’Eucaristia, fin dai primi secoli solevasi loro amministrare questo sacramento sotto le specie di vino consacrato. Il sacerdote intingeva il dito nel calice col Sangue, e mettevalo nella bocca del fanciullo perché lo succhiasse (Chardon Storia de’ Sacramenti L.I., Del Battes. cap.23). Quanto era bello, quanto tenero questo costume!
E non solo nel battesimo solevasi amministrare la Comunione agli infanti; ma più altre volte ancora. Quando il battesimo si dava ad occasione della Pasqua di Risurrezione o di Pentecoste i neofiti per la intera ottava seguente dovevano accostarsi all’altare, come rilevasi da un sermone di S. Agostino (Serm. 227). In alcune chiese usava dar la Comunione ai fanciulli subito dopo il clero, e però quelli si collocavano presso la sagrestia (Chardon Storia dei Sacramenti, L. III Della Eucaristia, cap.6) (...).
La Chiesa dunque non ha avuta difficoltà di far partecipe della S. Comunione per tanti secoli gl’infanti ed i bimbi di latte, interpretando così la mente ed il desiderio di Gesù Cristo; e le Chiese orientali continuano ancora in questo antichissimo uso. Ecco un’altra ragione fortissima perché debba smettersi l’abuso di tardare oltre il necessario l’amministrare ai fanciulli la SS. Eucaristia.
La Comunione dei fanciulli secondo il Concilio Lateranese IV.
Nel secolo XIII nella Chiesa latina ebbe generalmente fine l’uso di amministrare la Comunione agl’infanti. Si giudicò miglior partito comunicare i fanciulli al primo albeggiare della ragione, affinché più abbondanti effetti producesse questo augusto sacramento nelle loro anime. (…)
Danni dalla inosservanza di questa disciplina.
Questa legge che nei primi tempi fu osservata da per tutto, andò poi a rallentarsi quanto alla Comunione dei fanciulli. (…) Ma quest’uso fu sorgente di mali gravissimi. Imperocchè il fanciullo che appena apre la mente alla ragione, se ha la sorte di unirsi con Gesù in sacramento, comincia a vivere la vita di Lui, e continuando a frequentare la sacra Mensa trova in essa l’antidoto potentissimo per liberarsi dai difetti quotidiani e preservarsi, come insegna il Tridentino, dalle colpe mortali. Coll’avanzarsi negli anni non gli verrà meno questa grazia sacramentale, e potrà così conservare quella innocenza che è il pregio più prezioso di un’anima cristiana; ed anzi progredire mirabilmente nella via della virtù.
Ma se tarda di accostarsi all’altare; se lascia che i germi dei vizii comincino a dare frutti maligni; se, perduta la innocenza, si illaquea di colpe gravi, eccolo messo nella via del precipizio e della rovina! Si confesserà è vero; ma come riparare alla innocenza perduta? Come estirpare gli abiti cattivi? Come risanare la perversione della mente e del cuore a cui porgeva efficace rimedio la santa Comunione? (…)
Autori insigni attestano che il numero dei sacrilegi (specie quando i confessori con prudenza e carità non aiutano i piccoli penitenti) ad occasione delle prime Comunioni è spaventevole! Qual sarà la riuscita di questi poveri fanciulli che iniziano si malamente la loro vita eucaristica? E’ quella che vediamo e lamentiamo da per tutto, una corruzione generale, che con vocabolo nuovo si appella la delinquenza dei minorenni!
Eppure Gesù Cristo è amante dei fanciullini e desidera stare con essi! Gli è cara la loro innocenza, il loro ingenuo candore! Perché allontanarli da Lui in quella età in cui potrebbe versare nei loro petti più copiose le sue grazie, e corroborarli contro il sopravvenire delle tentazioni?
Ecco i gravi mali che produce il differire ad età più adulta la prima Comunione. Si fa ingiuria a G. C.; si fa spesso baratto della innocenza del fanciullo; lo si espone non di rado ad enormi sacrilegi; lo si mette in pericolo di perdizione e di rovina! (…)
Enormi abusi che traggono origine dall’insano differimento della prima Comunione! Giustamente perciò la S.Sede ha condannati questi abusi, rimettendo in vigore la disciplina dei Concilii Lateranese e Tridentino che prescrivono sì la Confessione e sì la Comunione in quella prima età nella quale il fanciullo comincia a ragionare.
Obbiezioni e risposte
Le ragioni che si allegano d’ordinario per contestare l’uso del differire ad età più adulta la prima Comunione non hanno alcun fondamento.
Si dice che quando il fanciullo si accosta all’altare in più matura età riceve con maggior venerazione e frutto la SS. Eucaristia. Ma si osservi che questo divinissimo Sacramento fu istituito non come premio di virtù, ma come medicina delle anime nostre, giusta l’insegnamento del Tridentino (Sess. 13, c. 2) il quale lo disse: «Antidotum quo liberemur a culpis quotidianis et a peccatis mortalibus praeservemur». (…)
Dunque per accostarsi alla sacra Mensa non si vuole attendere precipuamente alla venerazione dovuta a questo gran Sacramento; giacchè chi è che potrebbe degnamente riceverlo? Ma piuttosto deve aversi riguardo al bisogno che abbiamo di esso per fortificare la nostra debolezza e per salvaguardarci dalle tentazioni. Or chi ha più bisogno di tale alimento di vita che i fanciulletti i quali, aprendo la mente all’uso di ragione, sono i più deboli ed inesperti per lottare contro i nemici?
Messa pure che la venerazione al divin Sacramento non possa aversi piena nei fanciullini di tenera età, va ben supplita dalla loro innocenza; anzi la innocenza supplisce ancora la maggiore istruzione: «Ignorantiam in pueris compensat innocentia» come dice il Paludano (ap.Gury-Ballerini T.II, n.320, qu.5 nota a). (…)
Si dice ancora che il fanciullo, innanzi che si accosti all’altare, deve essere bene ammaestrato nelle cose di religione. Che ci sia obbligo in tutti i cristiani di bene apprendere il catechismo è fuori dubbio; ma che ci sia obbligo di apprenderlo interamente prima che si riceva la santa Comunione, ciò è falso. La istruzione necessaria per ricevere i primi sacramenti consiste nel conoscere i misteri principali della fede e le cose che riguardano i sacramenti da ricevere. Per l’Eucaristia poi basta saper discernere il Pane eucaristico dal pane ordinario e materiale. (…)
S’insiste da taluni che se il fanciullo non si istruisca bene nelle cose di religione innanzi di ricevere la prima Comunione, non sarà possibile che dopo compia la sua istruzione, essendo invalso l’uso che fatta la prima comunione i fanciulli non più accostano al catechismo. Ma quest’uso è un grave abuso da eliminare. Ha origine appunto dal differire la prima Comunione ad età più adulta. In questa età, fatta la gran festa di quella prima Comunione, si abbandona a sé il fanciullo senz’averne più cura: ciò rende quasi inutile la prima Comunione. Quando il giovinetto si dissipa e si corrompe, allontanandosi dalla sacra Mensa e da ogni altra istruzione religiosa, si dileguano ben presto dalla mente e dal cuore le cose imparate una volta. Ma se egli fin dalla tenera età si accostasse all’altare; se continuasse a comunicarsi e ad istruirsi; se frequentasse anche le Comunioni generali pei fanciulli coi precedenti apparecchi negli anni susseguenti, fino a che non avesse compiuta perfettamente la istruzione religiosa, non si deplorerebbe l’abuso predetto. Egli si abituerebbe a questi santi esercizi, né li smetterebbe col progredire degli anni, e sarebbe assicurata la buona sua riuscita. E questa è la mente della S. Congregazione nel Decreto che esaminiamo, come si vedrà nella parte dispositiva. (…) Neghiamo però che le disposizioni consistano solo nell’apparecchio prossimo e non già, principalmente, nella innocenza della vita. Tutti sanno che quanto minori ostacoli si recano al ricevimento della SS. Eucaristia, tanto maggior frutto questa produce. Or chi vi si accosta nel primo uso della ragione, vi porta, d’ordinario, quella pura innocenza che è la disposizione più bella, più propria, più cara a Gesù Cristo; a differenza di chi, vissuto in mezzo al mondo, ha contratto abiti cattivi ed ha commesso colpe forse anche mortali (V. Mon. Eccl. Vol. XXI, p.124). (…) Non v’ha ragione alcuna dunque che possa giustificare il costume di ammettere tardi i fanciulli all’altare, costume reso sorgente di enormi abusi.
La S. Sede e la Comunione de’ fanciulli.
L’uso irragionevolissimo di ammettere i fanciulli alla prima Comunione in età adulta e di farli di rado accedere all’altare fu sempre condannato dalla S. Sede. Valga a mostrarlo in primo luogo la lettera che la s.m. di Pio IX fe’ scrivere dal Card. Antonelli in data 12 marzo 1866 a’ Vescovi della Francia, per essersi introdotti varii abusi in alcune Diocesi circa la prima Comunione de’ fanciulli. (…) Da questo documento si fa chiaro come la S.Sede ha sempre deplorato l’abuso di allontanare i fanciulli dall’altare e di fare che tardi e raramente si nutriscano del pane celeste. Vuole che nella loro tenera età frequentino i sacramenti, perché ne ricevano l’alimento necessario alla vita spirituale, e ne abbiano forza e vigoria. (…)
La S.Sede adunque ha ritenuto e ritiene che la prima Comunione deve darsi a’ fanciulli quando aprono la mente all’uso della ragione, che è la età della discrezione prescritta da’ Concilii Lateranese e Tridentino. (…)
Disposizioni del Decreto
I. - Età della discrezione.
Si noti la frase: «comincia a ragionare»; giacchè non si richiede che il fanciullo ragioni perfettamente; ma, come insegna l’Angelico, che il fanciullo cominci ad avere qualche uso di ragione: «quando iam pueri incipiunt aliqualem usum rationis habere». Quando adunque la mente si apre ai primi albori della ragione; e però quando il fanciullo sa distinguere le cose, sa conoscere i genitori, sa dichiarare i suoi desiderii, sa ricordare le cose fatte ecc., può ben dirsi essere giunto alla età della discrezione.
In quali anni può avere tale discrezione? Nei secoli passati assai tardi sviluppavasi la ragione: d’ordinario al di sopra dei sette anni.
Ai tempi di S.Tommaso un fanciullo di dieci od undici anni appena poteva cominciare a ragionare; (…) Ai tempi nostri questo sarebbe un paradosso; giacchè oh! quanti ora prima dei sette anni possono fare le dette cose! Oggidì l’uso di ragione nei bimbi è assai precoce: tutti lo dicono. Fanciullini di appena tre o quattro anni, cinque al più, sanno assai ben ragionare, e possono assai ben distinguere il pane comune dal Pane eucaristico. Si dice che d’ordinario la ragione si manifesta nei sette anni. In alcuni può darsi, ma in moltissimi ciò avviene assai più prima, e solo per qualche rara eccezione dopo i sette anni. E’ questa dunque l’età della discrezione, atta a ricevere la santa Eucaristia.
Ma vi ha obbligo di riceverla a questa età? Il Decreto chiaramente lo afferma. Ed infatti quest’obbligo è divino insieme ed ecclesiastico. “Divino”, avendo Gesù Cristo fatto obbligo di ricevere questo Pane eucaristico (Io. VI, 54, 56): (…) Ma è ancora di diritto “ecclesiastico”. Urge il precetto del Concilio Lateranese IV, come si è visto innanzi. Urge anche il decreto del Concilio Tridentino che conferma quel precetto e fulmina l’anatema contro chi osa negarlo.
Vi ha dunque precetto, e grave, di comunicare i fanciulli appena giungano all’uso di ragione.
II. - Istruzione non necessaria.
La ragione potissima di coloro che vogliono differita la prima Comunione de’ fanciulli, è che questi debbono prima imparare l’intero catechismo, e poi presentarsi all’altare. Ed ecco il nostro Decreto a disingannarli. Dichiara che per la prima Confessione e per la prima Comunione non è necessario avere appresa interamente la dottrina cristiana, bastando che si sappiano le cose strettamente necessarie.
E giustamente. Imperocchè urge il precetto divino ed ecclesiastico di condurre all’altare il fanciullo quando comincia a ragionare or ciò sarebbe impossibile, se il bimbo dovesse conoscere a menadito tutta la dottrina cristiana, per apprendere la quale si richiedono parecchi anni. Perché dunque il precetto possa adempirsi, fa d’uopo che la istruzione sia limitata, e tale da potersi ottenere in un fanciullino di teneri anni. (…)
III. - Istruzione necessaria.
Ecco adunque in che consiste la istruzione necessaria alla prima Comunione. Sapere il fanciullo, come meglio può, i misteri principali della fede, e poter distinguere il Pane eucaristico dal pane comune.
I misteri precipui della fede, tutti lo sanno, sono i misteri dell’unità e trinità di Dio, e della incarnazione, della passione e morte di N.S.G.C.; ai quali vuolsi aggiungere anche quello che Dio, come giusto giudice, premia eternamente i buoni col paradiso e punisce eternamente i reprobi coll’inferno.
Or questi misteri il bimbo deve conoscerli come meglio può. Quindi non perfettamente, alla maniera dei teologi, ma che ne sappia afferrare la sostanza. Basta perciò che capisca esser lui creato da Dio; che questo Dio, creatore e padrone di tutto, è unico; ma in Lui sono tre persone uguali che si chiamano Padre, Figliuolo e Spirito Santo; che la seconda di queste Persone, cioè il Figliuolo, s’è fatto uomo, come noi, per salvarci, e perciò ha patito ed è morto con immensi dolori sulla croce; che chi fa opere buone, osservando la legge di Dio, colla grazia e coi meriti di G. C., dopo morte è premiato da Dio col paradiso, dove vedrà la sua infinita bellezza, godendo ogni bene; per opposto chi fa opere cattive, trasgredendo la detta legge e muore in grave peccato, è punito da Dio coll’inferno, dove, privo della vista di Dio, soffrirà il fuoco eterno ed ogni sorta di mali. Ecco tutto, quanto ai principali misteri. (…)
IV. - Obbligo e diritto per la prima Comunione.
Si è visto innanzi come ci sia obbligo, ed obbligo grave, pel fanciullo, di confessarsi e comunicarsi appena comincia ad aprir la mente all’uso di ragione. Ma quest’obbligo non può adempirsi dal fanciullo medesimo senza che esso lo conosca e sia manodotto ad adempirlo. Perciò il Decreto dichiara che quest’obbligo ricade su coloro che hanno cura del fanciullo. - E chi sono costoro? Sono in primo luogo i genitori (…); in secondo luogo quest’obbligo grava sugli educatori (…); in terzo luogo hanno quest’obbligo i confessori (…); in quarto luogo finalmente quest’obbligo incombe ai parroci ed ai curati, i quali debbono vegliare a che tutti i proprii filiani adempiano il precetto della Confessione e della Comunione fin dalla età prescritta. (…)
Abbiamo ora parlato del dovere di ricevere questi sacramenti; parliamo ora del diritto di ammettere i fanciulli alla prima Comunione. Questo diritto, secondo insegna il Catechismo Romano, spetta al padre ed al confessore. Al padre ed a chi ne fa le veci, cioè agli educatori, come si è detto innanzi, e quindi ai superiori dei collegi, degl’istituti educativi, delle scuole, degli asili d’infanzia, dei ricreatorii. Spetta pure al confessore, il quale, dopo aver confessato il fanciullo, ha il diritto di condurlo all’altare. Ed al parroco non rimane nessun diritto? Al diritto del parroco è provveduto nell’articolo seguente.
V. - Comunioni generali de’ fanciulli.
Come può dedursi da questo articolo e dal precedente, la prima Comunione può riceversi in modo privato ed in modo generale. In modo privato quando il fanciullo è condotto all’altare per opera dei genitori (o di chi li rappresenta) o del confessore, giusta il Catechismo Romano. In modo generale quando i fanciulli sono ammessi ad una delle Comunioni generali che celebra il curato nella Chiesa parrocchiale. Se, quindi, alla prima Comunione privata hanno diritto i genitori od il confessore, alla prima Comunione generale ha diritto il parroco.
VI. - Frequenza alla Comunione ed al Catechismo.
E’ questo un articolo di grande importanza. (…) Fatta la prima Comunione quando il fanciullo comincia a ragionare, deve continuare a nutrirsi con questo Pane di vita eterna. Oh! se ogni giorno, di seguito, fosse condotto all’altare e prendesse la sacra Ostia! Quanta forza, quanta luce, quanta grazia efficacissima ne arricchirebbe l’anima! Come, col progredire nella ragione, e col cominciare a conoscere il mondo, si manterrebbe sano e fermo nello spirito, e progredirebbe mirabilmente nella via della virtù! (…)
Fin qui per la continuazione della Comunione. Ma l’articolo del Decreto parla pure della continuazione della istruzione religiosa. Dopo la prima Comunione, che può farsi con istruzione appena rudimentale, vi ha obbligo gravissimo in coloro che ne han cura di procurare al fanciullo una piena e perfetta istruzione religiosa, gradatamente, secondo lo sviluppo della sua età. (…)
VII. - Confessione ed assoluzione de’ fanciulli.
L’abuso di non confessare o di non assolvere i fanciulli prima che si accostino all’altare, derivava, come già si disse, dal differire a tarda età la prima Comunione.
Era un abuso intollerabile! Tutti i fedeli che han ricevuto il Battesimo, hanno diritto agli altri sacramenti. Perché dovevano esserne esclusi i fanciulli di tenera età?
IX. - Obbligo degli Ordinarii, concernente questo Decreto.
(…) Il Sommo Pontefice adunque, ben considerate tutte le cose esposte, si degnò di approvarle pienamente; ed oltre a ciò prescrisse come segue:
a) Che fosse emanato e pubblicato il presente Decreto. Le cose quindi contenute in questo Decreto non sono di consiglio, ma di precetto; e di precetto non leggero, ma grave, essendo grave la materia di cui tratta. Il Decreto fu già inserito nel bollettino officiale degli atti della S.Sede; e perciò ha già cominciato ad avere il suo pieno vigore. Da questo punto corre l’obbligo a tutti quelli che hanno cura dei fanciulli, giunti all’uso di ragione, di far loro adempiere il doppio precetto della Confessione e della Comunione, e di manodurli alla Comunione frequente e possibilmente quotidiana, insieme colla graduale istruzione del catechismo. (…)
b) Dippiù il S.Padre comanda a tutti gli Ordinarii di notificare il Decreto al Clero ed al popolo. Si noti agli Ordinarii, non già agli Ordinarii dei luoghi, per indicare che quest’obbligo incombe non solo ai Vescovi, per rapporto al Clero ed al popolo della propria diocesi; ma sì pure ai Superiori di Ordini religiosi i quali sono Ordinarii, (quando sono esenti) del proprio Clero regolare e dei proprii sudditi. (…) E poi si consideri che il Decreto non impone obblighi nuovi; ma richiama alla esecuzione obblighi certi ed antichi, e fin qui trascurati. Quindi la esecuzione di essi non richiederebbe neppure una formale e solenne promulgazione. (…)
d) Finalmente vuole il S.Padre che tutti gli Ordinarii, nelle relazioni quinquennali che dovranno mandare alla Santa Sede sullo stato delle rispettive diocesi, diano conto dell’adempimento di questo Decreto. Certo, dagli Ordinarii dipende in massima parte l’adempimento delle sante e salutari prescrizioni del Decreto. A loro si appartiene vegliare sui parroci, sui maestri di scuola, e sopratutto sugli istituti educativi, come sono i convitti, gli asili, i ricreatori, i patronati, gli orfanotrofii ecc. A loro si appartiene farsi dar conto delle Comunioni che ivi si frequentano. A loro si appartiene deputare sacerdoti zelanti, ed anche pii secolari che aiutino i parroci in questo officio importantissimo, e che rendano popolare e comune la pratica della prima Comunione de’ bimbi e la loro continua frequenza all’altare. A loro finalmente si appartiene, nella santa visita pastorale, ispezionare i detti luoghi d’insegnamento e di educazione, animare col vivo della voce i bambini alla santa Comunione, ed amministrarla possibilmente qualche volta di persona per farne meglio comprendere la grandezza. Sono queste le cose di cui ogni buon Ordinario darà relazione al S.Padre, affine di offrirgli conforto in mezzo alle grandi amarezze che i tempi nefasti gli arrecano.
Facciamo fervidi voti a Dio che benedica le sante industrie dei Vescovi, de’ parroci, e di quanti hanno cura dei fanciulli, affinché costoro presto si uniscano con Gesù Cristo, e continuino a stare uniti con lui nella santa Eucaristia. E’ questo il mezzo potissimo di salvare la gioventù e di rigenerare cristianamente la società umana!
Commento di Mons. Domenico Jorio >> |